Eye of Mariupol e il Giornalismo di Guerra. Il caso de La Stampa.

Iniziata sui social, l’indignazione delle persone per bene sulla discutibile scelta del Comune di Milano di celebrare i “fasti” dei neonazisti ucraini, organizzando la mostra “Eye of Mariupol”, è approdata sui media nazionali.

Direttamente o indirettamente i vari quotidiani che hanno trattato questa notizia pongono l’accento (o per lo meno il dubbio) sulla natura neonazista del tristemente noto Battaglione Azov, una tra le più feroci milizie paramilitari ucraine rea di innumerevoli crimini fin dall’inizio della guerra civile in Ucraina: 2014. Azov, annientato proprio a Mariupol, è stato recentemente riorganizzato come unità combattente diventando di fatto un’operazione di marketing del regime di Kiev e non una realtà militare capace di incidere sulle sorti (per altro già segnate) del conflitto.

A grande sorpresa l’unico quotidiano che ha eseguito una clamorosa marcia in dietro sull’argomento è stato La Stampa. Con una grottesca operazione Orwelliana la redazione del rispettabile quotidiano nazionale ha cambiato il titolo dell’articolo pubblicato il 07 settembre scorso eliminando ogni riferimento al reale scopo della mostra: la glorificazione del neonazismo ucraino. Il nuovo titolo recita: “Polemica a Milano, estrema sinistra contro Sala e mail bombing contro il comune per la mostra sulla resistenza ucraina a Mariupol”.

Per gli esperti del settore è facile comprendere che il nuovo titolo è stato frutto di uno studio approfondito per lanciare messaggi “amichevoli” a certe realtà politiche italiane e straniere, alterando la realtà per non dispiacerle o per riparare a rimproveri ricevuti. Nel titolo originario non si metteva in dubbio la natura propagandistica dell’evento né il suo orientamento politico: “Milano, le foto che imbarazzano Palazzo Marino: la mostra in centro sui neonazisti del Battaglione Azov”.

Nella rielaborazione dell’articolo si elimina il riferimento al neonazismo, si trasforma l’imbarazzo di Palazzo Marino in “polemica”, si fa passare l’indignazione popolare come frutto di (marginali) elementi di “estrema sinistra”, mentre le ragioni di questa indignazione da rifiuto della propaganda neonazista proprio nella città Medaglia d’Oro della Resistenza, si traformano in un (strumentale) attacco politico al Sindaco Sala. Il testo viene leggermente modificato per adattarlo al nuovo messaggio mediatico.

L’operazione condotta da La Stampa sul proprio articolo avalla la linea editoriale tristemente nota che dal febbraio 2022 molti rispettabili quotidiani nazionali italiani hanno adottato per ragioni politicamente motivate abdicando al dovere di un’informazione equa e indipendente. Basta pensare ai nostri reporter di guerra che sono a centinaia di km dal fronte (quindi impossibilitati di verificare di persona cosa avviene sul campo di battaglia) che si limitano a trasmettere veline stillate dagli uffici di propaganda del regime di Kiev, dopo accurata revisione della polizia politica ucraina Sloujba bezpeky Oukrayiny, (SBOu o SBU), addetta al controllo di tutti i giornalisti stranieri presenti nel territorio ucraino. L’operazione orwelliana della rielaborazione dell’articolo evidenzia anche il contributo che La Stampa (assieme ad altri quotidiani) sta dando al revisionismo storico in atto nell’Occidente al fine di modellare la storia alla narrativa di guerra attuale.

Questa grottesca modifica dell’articolo è l’ennesima prova tangibile della facilità con cui i contenuti online possono essere modificati, manipolati o falsificati mettendo in dubbio la veridicità dell’informazione. Non è un caso che i media si orientano sempre di più sui formati digitali in quanto la “Carta” è il nemico numero uno della Falsificazione e della Manipolazione. E’ impossibile modificare un articolo stampato su formato cartaceo una volta distribuito il giornale nelle edicole. Come è impossibile farlo sparire. Si dovrebbe ricorrere ai classici roghi, ma, ahimè, la storia ci insegna che qualche copia soppravive sempre, per ritornare fuori nei momenti meno opportuni. Al contrario l’informazione digitale permette di cancellare PER SEMPRE l’articolo. Un semplice click di tastiera dell’amministrazione e l’articolo cessa di esistere come se non fosse mai stato scritto.

La scorretta informazione che sta prendendo piede nel nostro Paese, crea una totale disillusione del pubblico rispetto ai media “ufficiali”. Il calo a due ciffre di percentuale delle vendite delle copie cartacee, o digitali e degli abbonamenti che i principali quotidiani nazionali stanno subendo dallo scorso luglio è una palese dimostrazione di tale disillusione. Il pubblico percepisce la volontà delle redazioni dei quotidiani nazionali di impedire lo sviluppo di una interpretazione autonoma e critica degli avvenimenti. Una vera e propria violenza autoritaria che genera frustrazione e il bisogno di “fonti alternative” che, a volte, possono essere ancora più forviati di quelle ufficiali.

La Stampa (come altri quotidiani nazionali, del resto) agisce con le dinamiche descritte nel 1964 da Marshall McLuhan nel suo saggio “Understanding Media: The Extensions of Manpubblicato in Italia nel 1967 da Il Saggiatore sotto il titolo di “Gli strumenti del comunicare”. Come spiegava 59 anni fa McLUhan, da garanti di una equilibrata, critica e indipendente informazione, le redazioni dei media italiani consapevolmente si trasformano in “medium” di un messaggio virtuale che plasma l’informazione adattandola a determinate esigenze politiche ed economiche. Il fine ultimo è di creare un consenso artificiale indotto con l’inganno e la falsità per ottenere una determinata risposta cognitiva e comportamentale delle masse: in questo caso l’appoggio incondizionato alla guerra NATO contro la Russia combattuta in terra ucraina e con il sangue degli ucraini.

La Stampa ed altri quotidiani sono entrati nella logica della propaganda di guerra camuffata da informazione “neutrale” associata ad una totalitaria e ossessiva pulsione di disumanizzare, ridicolizzare e impedire ogni informazione non consona a quella da loro trasmessa. Entrando in questa logica ogni notizia diventa semplicemente un oggetto fabbricato. L’informazione viene abilmente (o meno) forgiata al fine di amplificare una realtà distorta da diffondere nella società, agendo sui pregiudizi, gli odi, i timori e le emozioni dell’opinione pubblica, considerata come mero insieme di consumatori.

Un esercizio assassino della informazione ampiamente descritto nel saggio: “Réflexions d’un historien sur les fausses nouvelles de la guerre” (1921) dallo storico francese e membro attivo della Resistenza contro il nazifascismo Marc Block. Un esercizio che genera mostri che si spacciano per giornalisti auto proclamandosi moderni Tomás de Torquemada garanti dalla Verità e cacciatori delle “bufale” create dai “satanici putiniani” italiani. Parte di questi mostri trovano attualmente spazio nei quotidiani nazionali anche se la loro etica professionale basterebbe per tenerli ai margini. Gli osceni tweets qui riprodotti sono all’ordine del giorno sugli account social di questi nuovi inquisitori del Pensiero Unico della Guerra. I tweets appartengono a due noti personaggi dell’informazione italiana che spesso partecipano anche a trasmissioni TV…

Il fenomeno europeo del giornalismo che alimenta con propaganda e fakenews il conflitto e la sua escalation, ripetendo senza critica e senza filtri i discorsi aggressivi e propagandistici di esponenti politici e militari ucraini, è particolarmente accentuato in Italia poiché noi non siamo stati in grado (o non abbiamo voluto) fare i conti con il nostro passato Fascista come è avvenuto in Germania e in Giappone. La mancata analisi della complessa natura del Fascismo e delle cause che lo portarono al potere, associata alla semplicistica sua demonizzazione fatta dalla sinistra italiana (per esempio diffondendo la menzogna che il Fascismo e il Duce non avevano un largo consenso popolare) ha permesso a questa ideologia di sopravvivere e di ritornare in auge quando i tempi sono divenuti propizi, cioè ORA.

Come nella natura il neutrone e l’antineutrone non posso convivere, così il giornalismo di Guerra aggredisce unilateralmente il giornalismo di Pace, accusandolo di essere la quinta colonna e la gran cassa del “nemico” al fine di non far comprendere al grande pubblico che solo il giornalismo di Pace può contribuire attivamente alla risoluzione dei conflitti.

Le redazioni del giornalismo di guerra, commettono però un errore basilare che a medio termine risulta fatale per la loro narrazione e il raggiungimento dell’obiettivo dell’ineluttabilità della guerra. Si considera il pubblico soltanto come un destinatario passivo delle informazioni manipolate e falsificate da giornalisti “professionisti” senza comprendere che nell’epoca di Internet e dei social network, questo pubblico passivo ha l’occasione di diventare partecipativo attraverso la diffusione di contenuti critici sulle varie piattaforme online, amplificate dall’uso dei smartphone.

Questa partecipazione attiva e critica al diritto dell’informazione, che qualcuno ci vuole negare con la scusa di smascherare le “bufale”, sta influenzando le stesse redazioni dei media predisposti a difendere l’oscenità bellica e ideologie nefaste. In un contesto critico come quello di un conflitto armato, tutte e tutti noi siamo, dunque, chiamati a esercitare una forma di responsabilità collettiva rispetto ai contenuti che diffondiamo, ma anche di controllo democratico rispetto alle informazioni e alle narrazioni diffuse dai media ufficiali.

E’ palese la consapevole scelta del titolo originario dell’articolo pubblicato su La Stampa riguardo alla mostra fotografica “Eye of Mariupol”, successivamente alterato. Come tutte le redazioni dei quotidiani nazionali anche quella de La Stampa impedisce al singolo giornalista la diretta pubblicazione degli articoli sulla piattaforma online. Essi devono passare attraverso un necessaria approvazione e i titoli (elemento fondamentale che incide per circa il 70% sulla attrattiva del grande pubblico verso la lettura dell’articolo) vengono di norma decisi dalla redazione.

Quindi qualcuno nella redazione de La Stampa ha coraggiosamente deciso di infrangere la logica del giornalismo di guerra. Non ha importanza il richiamo all’ordine e la successiva modifica dell’articolo. Quello che è veramente importante è che anche all’interno della apparente monolitica redazione atlantistica de La Stampa, qualcuno inizia a ragionare con la propria testa e coscienza.

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Fulvio Beltrami Freelance Journaliste Africa

The duty of a journalist is to write down the truths which the powerful keep secret. Everything else is propaganda. Italian Jounalist Economic Migrate in Africa